Gianpiero Cesarini è uno Chef dall’animo gentile. La sua grande attenzione verso il mondo si riflette nei piatti, capaci di coniugare tradizioni antiche e tecniche moderne, senza dimenticare la passione per la cucina, quella che muove tutto. TheEveryPlace lo ha incontrato in quello che si è rivelato un vero viaggio nel viaggio, nell’anno che celebra la sua trentennale esperienza in cucina.
Dal Texas a Shanghai, dall’Argentina all’Italia: Gianpiero, la tua esperienza in cucina ha davvero i tratti di un giro del mondo appassionato e appassionante. Cosa ti hanno insegnato i tuoi viaggi e cosa hai portato in Italia dalle cucine del mondo?
Se mi volto indietro mi rendo conto di aver camminato tanto grazie al mio lavoro ma tutto ha contribuito a costruire il bagaglio che mi porto dietro per continuare a guardare avanti sempre con maggiore determinazione!
Sicuramente una cosa importante che mi ha dato sempre questa volontà di accettare sfide è stata la volontà di alimentare la curiosità e questo ha reso la contaminazione di culture mia fonte di vita, perché la cucina è cultura di un luogo, a tavola si condivide tutto, da un anniversario a un fidanzamento, passando per un tradimento o un affare: si va sempre a finire davanti ad una buona pietanza e un buon bicchiere di vino, la cucina è condivisione e a tavola si conosce veramente la persona che si ha di fronte.
Naturalmente viaggiare mi ha dato la possibilità di diffondere il Made in Italy ma anche di incamerare tecniche di cucina diverse, tradizioni diverse, materie prime diverse e questo mi ha portato a rendere la mia cucina di base super nazionale ma anche fusion come i miei cantautori preferiti hanno fatto con la musica tipo Pino Daniele lo ha fatto con il napoletano e Pat Metheny lo ha fatto con i suoni, creando un jazz and fusion. Tanta ricchezza che riporti tutta nella tua espressione in cucina cercando di colpire l’emotività del prossimo!
L’attenzione alle materie prime è fondamentale per te, sia che si tratti di prodotti locali che di prodotti geograficamente più lontani. Qual è il segreto per scegliere solo ingredienti di qualità e quali sono i parametri che utilizzi per individuare la bontà di ogni prodotto che usi nelle tue ricette?
Sì, assolutamente, le materie prime sono fondamentali, dico sempre che il 60% deve essere loro merito e il restante 40% nostro lavoro e fantasia. Ovviamente dietro la scelta c’è sempre un lavoro importante che è quello di stare sul pezzo, tessere rapporti di fiducia con i produttori direttamente, rispettare la stagionalità e tempistiche di un prodotto: dall’ingresso in cucina è molto importante iniziare subito il processo di trasformazione di un prodotto per garantirne la massima qualità nel piatto.
Pensiamo a una seppia, per esempio: già dal momento in cui viene pescata fino a quando arriva a terra dalla barca è già cambiata, il processo di deterioramento è già iniziato, in tanti fanno arrivare il prodotto in cucina e lo lasciano lì sul banco per qualche ora, forse poi si lavora o va in cella per lavorarlo il giorno dopo e si aspetta di venderla o magari dopo tre giorni va messa sottovuoto o abbattuta. Non salviamo nulla in quel caso ma forse creiamo più danni, quindi io preferisco, grazie alle attrezzature che abbiamo oggi, programmare l’ingresso delle materie prime, lavorarle subito e fare processo di Sous Vide o abbattimento in modo da poter garantire per una settimana sempre la stessa qualità della materia prima nel piatto!
Con le tecniche moderne potremmo avere la stessa garanzia anche per più di 30 giorni ma, insomma, se un piatto non si vende per tutto quel periodo sicuramente c’è qualche altro problema su cui sarebbe meglio fermarsi a ragionare. Come dico sempre, è fondamentale la materia prima ottima ma si fa presto anche a sciuparla e questo dipende solo da noi dalla nostra conoscenza del mestiere, di come sappiamo rispettarla e trattarla.
A marzo 2024 è iniziata la tua nuova avventura lavorativa come Chef de La Moscadella, il ristorante dell’esclusivo resort toscano The Isabella Experience, in Val d’Orcia. Quanto è importante il giusto contesto per la libera espressione della creatività in cucina?
Sì, a marzo dopo aver finito la stagione nel Monte Argentario ho avuto questa vicinanza alla Moscadella dove avevo visto il giusto luogo dove poter esprimermi, ed è stato un periodo breve ma intenso che mi ha fatto capire che forse il mio destino è il mare. E infatti a maggio mi sono imbarcato su uno splendido Yacht della San Lorenzo al servizio di un noto imprenditore italiano. Di errori di valutazione o di intoppi quando si è intraprendenti e si ha fame di curiosità si fanno e si hanno e io ne ho fatti ma mi sono sempre serviti per poter cercare e valutare al meglio il giusto contesto che più mi apparteneva.
Non mi sono scoraggiato, anzi, ogni volta hanno tirato fuori la parte più forte di me. Lo sottolineo per dire che il contesto è fondamentale, io poi mi ritengo uno spirito libero e la mia cucina non è mai fatta di presunzione ma al contrario cerco sempre di creare in base a ciò che il territorio mi ispira. Per esempio difficilmente ho portato uno stesso piatto da una situazione all’altra, il che è sicuramente faticoso ma io porto con me la mia identità e non la mia presunzione. La professionalità e la conoscenza del mestiere devono supportare sempre la creatività: mi metto sempre in discussione e spesso non mi sento all’altezza delle situazioni ma forse proprio il non sapere di avere delle doti (a detta degli altri) mi porta a creare con naturalezza e semplicità, che sono la vera ricchezza e schiettezza: la mia cucina non mente e per me la cucina in un luogo appartiene solo alla cultura, all’arte e alla storia.
Di recente hai preso parte a un progetto di APCI (Associazione professionale cuochi italiani) e del consorzio Pecorino romano DOP, finalizzato a valorizzare un prodotto eccezionale nato in origine nei dintorni di Roma e prodotto poi, dalla fine dell’Ottocento, principalmente in Sardegna. Oggi le zone di produzione del Pecorino romano DOP sono appunto la Sardegna, il Lazio e la provincia di Grosseto. Quanto è importante tutelare e raccontare le eccellenze territoriali? Pensiamo non solo al pubblico italiano ma anche agli stranieri, da sempre appassionati e innamorati della cucina italiana.
Questo è davvero un bel tema da affrontare. Una delle cose più affascinanti e che ti fanno sentire responsabile in questo lavoro è quella di portare il Made in Italy, il fatto in casa, il fatto a mano (in fondo siamo degli artigiani) in giro per il mondo. Oggi con le possibilità che offrono realtà come APCI e con l’uso di canali importanti come i vostri riusciamo ancor di più a trasmettere ma quindi dobbiamo essere ancor più bravi nel comunicare. Oggi il cuoco non è più una persona chiusa dentro quattro mura a spadellare per sfornare centinaia di piatti ma deve essere un professionista informato e formato non solo sulla cucina e sulle tecniche ma anche sulla storia dei prodotti, sulla provenienza, su origini ed evoluzioni, oltre ad arte cultura e storia.
Per esempio, alla fine degli anni Novanta, quando in Asia si sono accorti della cucina occidentale, alcune aziende toscane insieme hanno cercato di creare un mercato: lo hanno fatto invitando buyer asiatici in Italia e organizzando visite alle varie aziende di olio, ai pastifici, ai produttori di pomodori, vegetali, ecc. seguite da pranzi in cui lo chef in loco proponeva i vari prodotti lavorati per farli degustare. Sapete cosa succedeva dopo?
Dopo il primo ordine si bloccava tutto, perché quando a un cuoco cinese arrivavano un pancale di pelati bio e la pasta di grani antichi non sapeva come utilizzarli. Da qui, insieme con il Grosseto Export che raggruppava diverse aziende toscane, ci fu l’intuizione di inviare insieme ai prodotti uno chef italiano che si occupasse di trasmettere conoscenza e utilizzo delle varie materie prime nei più grandi centri asiatici e americani. In quegli anni ho fatto delle bellissime esperienze da Shangai a Pechino, fino al Texas, con la grande fierezza di dover trasmettere L’Italia attraverso la cucina.
Tornando ad APCI posso solo dire che ho trovato un’associazione fatta di professionisti sotto tutti i fronti e non solo di cuochi, una macchina che funziona, una organizzazione premurosa e impeccabile. Aggiungo che c’è un Direttore, Sonia Re, sempre sul pezzo e sempre in movimento, sia in Italia che all’estero: creano eventi tutto l’anno invece di restare a sedere ai tavoli decisionali, per cercare di migliorare il nostro mondo fino a progetti di beneficenza o ecosostenibili per la cura dell’ambiente.
Una cosa importante c’è da dire su questo tema: la semplicità, la tradizione sono la vera ricchezza, e non esiste evoluzione senza tradizione.
Poi tutti inventano ed è giusto così, lo sviluppo e la contaminazione sono importanti, come nacque l’Amatriciana oggi nasce un piatto di uno Chef famoso e anche io a un certo punto ho spinto verso il gourmet, cercando di creare con una parte di tradizione ma con un occhio rivolto verso il futuro, ma gli stranieri restano comunque molto appassionati al food italiano old style.
Le tue origini sono abruzzesi, hai vissuto e lavorato in tutto il mondo: quali sono i tuoi tre luoghi preferiti, quelli che consiglieresti come imperdibili al pubblico di TheEveryPlace?
Voi siete molto bravi nel far conoscere eccellenze e luoghi al pubblico però io mi sento un cittadino del mondo e come tale ho cercato sia di girarlo grazie al mio lavoro sia con la famiglia perché il viaggio è il migliore investimento che possiamo fare su noi stessi. Viaggiare fa incamerare alla tua mente cose indelebili che ti entrano dentro e ti fanno crescere, e che si riversano in qualche modo anche sul tuo modo di lavorare. Però ovviamente sono nato in un posto fantastico e pieno di storia diviso in due località fondamentali quindi dico Atri/Pineto come primo posto in classifica. Il secondo luogo che mi ha trasmesso tanto e mi ha fatto fare i conti con me stesso è stata l’Argentina, in particolar modo la Patagonia e nello specifico la provincia del Neuquen.
Infine, come terzo luogo che mi ha segnato tanto l’Africa, il Kenya, non per il mare ma per il contatto con i popoli africani: lì ho vissuto una delle più belle esperienze della mia vita, nella povertà, con giornate faticose ma piene di sorrisi, musiche allegre e tanti bambini che le ballano.